venerdì 20 maggio 2011

DE PECORIS


PREAMBOLO
Il seguente trattato nasce dalla diligente trascrizione delle osservazioni del comportamento animale scozzese che mia madre ha verbalmente espresso durante una delle sue visite al sottoscritto.
In particolare tali osservazioni sono rivolte allo studio e alla comprensione del particolare comportamento osservato nelle pecore scozzesi.
Segue inoltre un confronto delle dinamiche sociologiche con le pecore italiane…..di cui, inspiegabilmente, è una grande esperta.


DE PECORIS
o altrimenti detto DE IOLANDAE 


La premessa fondamentale alla base di tale studio consiste nell’elevatissima frequenza di osservazione di greggi di pecore quando si viaggia in macchina. In Scozia la densità di popolazione è molto più bassa che in Italia e soprattutto è concentrata tutta nelle grandi città. Tra una città e l’altra intercorrono chilometri di strade in aperta campagna con una quantità enorme di campi dedicati alla pastorizia, in particolare ovina.
Caratteristica fondamentale della pecora scozzese è l’instancabile desiderio di brucare l’erba a discapito di molte altre attività cui potrebbe dedicarsi all’aria aperta. Anche durante l’inverno, l’ovino in questione, da buon indefesso brucatore, riesce a trovare l’erba sepolta sotto ampi strati innevati o ghiacciati. Viene facile domandarsi se per caso la pecora scozzese bruchi per noia o per effettiva necessità. Lo sguardo vacuo e fisso dell’ovino mal cela una noia esistenziale e un’incapacità di rapporti che lo costringono a sopperire con il cibo a tali evidenti mancanze.
Altra caratteristica facilmente riscontrabile anche da chi non ha approfondito la materia, come l’esperta in questione il cui grado di parentela è per me di solo vanto, è l’immobilismo.
La pecora scozzese bruca ferma. E’ in grado, per una particolare conformazione anatomica, di manducare esclusivamente con la mandibola senza muovere la colonna cervicale. Passando in macchina i greggi di pecore sembrano in realtà tanti piccoli presepi senza pastore. Vedi tanti funghi bianchi a 4 zampe spuntare nell’erba apparentemente privi di qualunque linfa vitale.
L’immobilismo della pecora scozzese riflette l’estremo individualismo che mostra nelle dinamiche del gregge.
L’ampissima cultura in materia della studiosa in questione ha permesso di confrontare le dinamiche del gregge nella pastorizia ovina italiana e scozzese.
La pecora scozzese non fa branco. Il gregge scozzese è composto da tante piccole individualità casualmente posizionate nello stesso spazio fisico. Il gregge scozzese è un gregge solido, dove ognuno ha il proprio spazio vitale gelosamente rispettato e dove le interazioni tra i soggetti sono ridotte al minimo. Tale individualismo si scontra con l’esagerato dinamismo del gregge italiano, dove le pecore si muovono disordinatamente all’interno del recinto ritrovandosi ad interagire e a scontrarsi frequentemente. La pecora italiana fa gruppo, un gruppo disordinato ma interagente dove c’è spazio per la libera iniziativa. Il gregge italiano occupa caoticamente lo spazio in cui è rinchiuso. E’ come un gas.
Il gregge scozzese è un insieme di elementi che di per sé non fa insieme.
La pecora scozzese è una pecora riflessiva, la cui attività cerebrale è coltivata a discapito della fisicità tipica delle pecore mediterranee. Non è dato sapere l’esito di tali elucubrazioni ovine ma di sicuro l’esistenzialismo debosciato baudeleriano non sarà neppure comparabile.
Forse le pecore scozzesi vedono in noi tanti minuscoli esseri viventi (seppur più grossi in termini puramente spaziali) impegnati ad occupare il tempo per non pensare all’inutilità dell’esistenza, per sfuggire al nulla che ci circonda.

Intanto qui le costolette d’agnello sono una figata pazzesca…..

Alla prossima

Alessandro

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