PREAMBOLO
Il seguente trattato nasce dalla diligente trascrizione
delle osservazioni del comportamento animale scozzese che mia madre ha
verbalmente espresso durante una delle sue visite al sottoscritto.
In particolare tali osservazioni sono rivolte allo studio e
alla comprensione del particolare comportamento osservato nelle pecore
scozzesi.
Segue inoltre un confronto delle dinamiche sociologiche con
le pecore italiane…..di cui, inspiegabilmente, è una grande esperta.
DE PECORIS
o altrimenti detto DE IOLANDAE
La premessa fondamentale alla base di tale studio consiste
nell’elevatissima frequenza di osservazione di greggi di pecore quando si
viaggia in macchina. In Scozia la densità di popolazione è molto più bassa che
in Italia e soprattutto è concentrata tutta nelle grandi città. Tra una città e
l’altra intercorrono chilometri di strade in aperta campagna con una quantità
enorme di campi dedicati alla pastorizia, in particolare ovina.
Caratteristica fondamentale della pecora scozzese è
l’instancabile desiderio di brucare l’erba a discapito di molte altre attività
cui potrebbe dedicarsi all’aria aperta. Anche durante l’inverno, l’ovino in
questione, da buon indefesso brucatore, riesce a trovare l’erba sepolta sotto
ampi strati innevati o ghiacciati. Viene facile domandarsi se per caso la
pecora scozzese bruchi per noia o per effettiva necessità. Lo sguardo vacuo e
fisso dell’ovino mal cela una noia esistenziale e un’incapacità di rapporti che
lo costringono a sopperire con il cibo a tali evidenti mancanze.
Altra caratteristica facilmente riscontrabile anche da chi
non ha approfondito la materia, come l’esperta in questione il cui grado di
parentela è per me di solo vanto, è l’immobilismo.
La pecora scozzese bruca ferma. E’ in grado, per una
particolare conformazione anatomica, di manducare esclusivamente con la
mandibola senza muovere la colonna cervicale. Passando in macchina i greggi di
pecore sembrano in realtà tanti piccoli presepi senza pastore. Vedi tanti
funghi bianchi a 4 zampe spuntare nell’erba apparentemente privi di qualunque
linfa vitale.
L’immobilismo della pecora scozzese riflette l’estremo
individualismo che mostra nelle dinamiche del gregge.
L’ampissima cultura in materia della studiosa in questione
ha permesso di confrontare le dinamiche del gregge nella pastorizia ovina
italiana e scozzese.
La pecora scozzese non fa branco. Il gregge scozzese è
composto da tante piccole individualità casualmente posizionate nello stesso
spazio fisico. Il gregge scozzese è un gregge solido, dove ognuno ha il proprio
spazio vitale gelosamente rispettato e dove le interazioni tra i soggetti sono
ridotte al minimo. Tale individualismo si scontra con l’esagerato dinamismo del
gregge italiano, dove le pecore si muovono disordinatamente all’interno del
recinto ritrovandosi ad interagire e a scontrarsi frequentemente. La pecora
italiana fa gruppo, un gruppo disordinato ma interagente dove c’è spazio per la
libera iniziativa. Il gregge italiano occupa caoticamente lo spazio in cui è
rinchiuso. E’ come un gas.
Il gregge scozzese è un insieme di elementi che di per sé
non fa insieme.
La pecora scozzese è una pecora riflessiva, la cui attività
cerebrale è coltivata a discapito della fisicità tipica delle pecore
mediterranee. Non è dato sapere l’esito di tali elucubrazioni ovine ma di
sicuro l’esistenzialismo debosciato baudeleriano non sarà neppure comparabile.
Forse le pecore scozzesi vedono in noi tanti minuscoli
esseri viventi (seppur più grossi in termini puramente spaziali) impegnati ad
occupare il tempo per non pensare all’inutilità dell’esistenza, per sfuggire al
nulla che ci circonda.
Intanto qui le costolette d’agnello sono una figata pazzesca…..
Alla prossima
Alessandro
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